Interlegere

“Mi sta a cuore che tu impari“

Nel rapporto insegnante – allievo non avviene solo una trasmissione di nozioni

finalizzata all’apprendimento, ma tende a stabilirsi una vera e propria relazione

con una forte connotazione che potremmo definire di tipo affettivo.

Il docente comunica all’allievo insieme ai temi propri della sua competenza

disciplinare un atteggiamento mentale ed una predisposizione d’animo che

può riassumersi nella frase seguente : “Mi sta a cuore che tu impari”.

Questa frase è sottesa ad ogni sua espressione comunicativa anche quando

appare animata da una semplice finalità didattica.

Lo studente che ascolta percepisce quell’intenzione e quel desiderio nel suo

insegnante e si predispone ad imparare. In caso contrario mostrerà

svogliatezza, disinteresse, abulia.

Troppo spesso sono stati trascurati gli effetti negativi di un certo tipo di

insegnamento freddo e distaccato, talvolta anche accompagnato da veri e

propri giudizi sanzionatori nella correzione degli errori degli allievi, per cui si

si confonde l’errore con la colpa, la valutazione con il giudizio.

Il termine errore richiama quell’ errare che è proprio di chi sta imparando e

facilmente cade come un tempo ci capitò andando in bicicletta per la prima

volta. L’insegnante che colpevolizza l’allievo quando commette un errore senza

porre attenzione alle parole del suo rimbrotto, può causare involontariamente

un arresto nel processo di apprendimento di un giovane alle prese con le

criticità tipiche dell’ età evolutiva.

La psicoanalisi parla di meccanismi di difesa, messi in atto dall’allievo e che

possono indurre una vera e propria inibizione.

Quanto al cosiddetto giudizio, termine che richiama il lessico giuridico e che è

una necessaria verifica di ciò che si è appreso, non deve apparire come una

condanna ma come una valutazione, cioè una attribuzione di valore rispetto

all’operato dell’allievo. Un valore basso è pur sempre un valore !

Al contrario si possono suscitare interesse, curiosità, desiderio di conoscenza e

quindi motivazione a studiare con ben altro atteggiamento da parte

dell’insegnante.

Nella relazione docente-allievo entrano in gioco la storia personale, gli stati

affettivi, il livello culturale, l’ambiente di provenienza delle parti, per cui un

rapporto di empatia può determinare un circolo virtuoso a tutto vantaggio del

processo di apprendimento.

Il progetto di sviluppo della personalità dello studente passa nella didattica

attraverso l’interesse attivo alla sua persona, la valorizzazione delle sue

capacità e abilità, la correzione dei suoi errori, intesi come tappe ineludibili

di un percorso di miglioramento continuo. E tutto ciò deve essere percepito

dall’allievo.

L’insegnante sarà in tal modo quello che dev’essere : un facilitatore di

apprendimento. Il paradosso è che senza questa consapevolezza rischia di

diventare un inibitore di apprendimento. E la casistica, ahimè, è purtroppo

assai vasta.


Giuseppe Pandolfo